Il biliardino della rivoluzione

Il titolo di questo articolo è lo stesso dell’intervento che ho tenuto al Circolo delle Cucine del Popolo a Massenzatico (RE), all’interno del convegno delle “Cucine senza confini”. Quello spazio e questo settimanale sono l’occasione perfetta per approfondire la nascita e l’evoluzione di uno dei giochi più diffusi e noti del globo. Il biliardino nel mondo è conosciuto con nomi molto diversi e in Italia viene definito anche come “calciobalilla” o “calcio da tavolo”, la grande varietà di nomi è data anche dal fatto che esistano molte varianti del gioco che dagli inizi del Novecento ha conosciuto un’ evoluzione sempre più ramificata. Prima di giungere al biliardino moderno, quello rivoluzionario, e di spiegare di quale rivoluzione stiamo parlando, dobbiamo aspettare diverse trasformazioni che partirono dal “bagatelle”: il predecessore del flipper. Agli inizi del secolo scorso fiorirono numerosi brevetti e sono quattro le nazioni del vecchio continente che si contendono la paternità del biliardino, come se si stessero sfidando loro stesse ad un match due contro due. In Francia sono nati inoltre il biliardino a croce e quello circolare, ma è un inglese che nel 1921 brevetta il calcio da tavolo portatile che assomiglia parecchio a quello che conosciamo noi oggi. L’invenzione di Thorton si ispira a quella di un suo connazionale di una dozzina di anni prima, rispetto al biliardino moderno le principali differenze sono la direzione di gioco (da destra a sinistra), la disposizione dei giocatori sulle aste (formazione 2-5-3) e la forma dei giocatori (bidimensionali). Anche l’invenzione attribuita ad un tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale si allontana dal comune biliardino e sembra pensata anch’essa per bambini.

La Spagna è il quarto paese che ha conosciuto tra i suoi connazionali un inventore del biliardino: Alexandre Campos Ramirez. La sua vita è stata a lungo studiata da Alessio Spataro che dopo anni di ricerche è riuscito a pubblicare il suo primo libro a fumetti come autore unico, intitolato proprio “Biliardino”(Bao publishing, 2015). Questa sua opera è stata la fonte principale da cui trarre informazioni, dato che il tema è purtroppo sempre rimasto di nicchia, a metà tra la grande Storia e la quotidianità dei bar di mezzo mondo. La graphic novel di Spataro è la biografia del più affascinante inventore di una versione del calcio da tavolo, e la sua vita sarà sempre intrecciata ad una variante particolare ovvero il “futbolín”. Alexandre ha origini galiziane ed è a Madrid nel 1936 quando è già scoppiata la Guerra Civile, lui ha diciassette anni, non è un combattente ma un convinto antifascista. Nell’autunno di quell’anno rimane vittima dei bombardamenti franchisti sulla città ed essendo ferito, viene mandato come convalescente in Catalogna alla “Colonia Puig” di Montserrat. Adesso che abbiamo definito meglio le coordinate geografiche e temporali sarà già chiaro di quale rivoluzione stiamo parlando. Dal 1936 per tre anni si combatté in Spagna una sanguinosa guerra che anticipò, per pratiche belliche e modalità di combattimento, il secondo conflitto mondiale. La guerra di Spagna è stata definita dalle varie fazioni in lotta in modi molto differenti, dalla “cruzada” o “reconquista” dei nazionalisti, si arriva alla “rivoluzione” per gli anarchici. Il nostro protagonista convalescente nella colonia trascorre le giornate insieme a invalidi di guerra, in particolare nota la frustrazione e lo strazio di alcuni ragazzi che avendo subito mutilazioni di arti non possono giocare a calcio come gli altri bambini. Alexandre in quel contesto costruisce il primo modello di futbolín. Rispetto al biliardino che conosciamo qui in Italia, la versione catalana, da lui ideata, ha i giocatori con due gambe (anziché una forma stilizzata che raffigura le due gambe unite), disposti a formazione 2-3-5, ma già presenta le aste telescopiche e il cassone di legno.

La storia a fumetti realizzata da Spataro, oltre alla vita di Ramirez, vede presenti nella narrazione molti personaggi storici famosi, alcuni davvero amici o conoscenti di Alexandre, altri semplicemente si trovavano in situazioni analoghe o limitrofe alle sue. Pertanto la graphic novel diviene una triplice biografia, oltre che del biliardino e del suo inventore, anche di tutto il secolo in cui egli visse.

Il galiziano antifascista tra mille peripezie fu costretto ad adattarsi a ogni situazione pur di sopravvivere: dovette cambiare molti mestieri in molti Paesi ed anche molti nomi; infatti quello con cui è più conosciuto è Alejandro Finisterre. Limitandoci alla prima parte del libro vediamo comparire Durruti, Orwell, Picasso e Hemingway in relazione alle loro esperienze contro il fascismo del golpe franchista. Mentre tra le amicizie del galiziano antifascista vediamo Leon Felipe e Pablo Neruda. Con l’avanzata dei franchisti il giovane antifascista espatrierà dapprima in Francia, per poi approdare dopo molte vicissitudini in Sud America. Prima di questa opera non esistevano biografie su Finisterre, la ricca presenza di personaggi storici serve anche a ricostruire la sua vita tramite testimonianze incrociate.

In Guatemala con la moglie riuscirà ad aprire una fabbrica di giocattoli dove inizierà a produrre futbolín in serie, ma soltanto fino al colpo di stato del ’54. In quel periodo si giocherà quella che può essere definita la partita del secolo, lui e la moglie infatti affrontano un giovane Che Guevara e la sua prima moglie Hilda Gadea. Secondo quanto si tramanda sarebbe stata l’unica partita persa dall’inventore del biliardino moderno, che venne sconfitto da una donna in quanto il più celebre rivoluzionario novecentesco risulterà scarsissimo in quel gioco. Da sempre appassionato di letteratura, trasferitosi in Messico farà l’editore per gli esuli spagnoli antifascisti, nella sua vita aveva conosciuto grandi poeti e letterati, oltre a Felipe, Neruda anche Camus, Sartre e sua moglie Simone de Beauvoir.
Sul retro dell’opera di Spataro, compare una tavola del fumetto che mostra la scena di un concerto mentre risuona a caratteri cubitali il testo della canzone “Oda ó Futbolín” degli Os Diplomáticos de Montealto. La band, galiziana come Finisterre, ha dedicato un inno che unisce la rapidità punk rock, il levare dello ska e sonorità folkloristiche tipiche della regione al futbolín e al suo inventore. “Ano 37, guerra civil, / Alexandre de Fisterra inventa o futbolín”, così incomincia il brano rapidissimo e coinvolgente grazie alle scatenatissime fisarmoniche, con un testo semplice che ripete quasi solamente: “Revolución! Revolución! Re-vo-lución! / Estamos preparados para a revolución! / Revolta, revolta, volta e revolta! / Nós vivimos na revolta!”.

Anche la canzone, come il fumetto, ricorda l’inventore di uno dei tanti tipi di biliardino, quello che aveva scelto di stare dalla parte giusta. Dalla parte giusta della barricata sia in senso figurato, ma anche e soprattutto letterale, dato che i fatti del ’36 spagnolo rimangono in primo piano per tutta la narrazione. Questa storia a fumetti mostra come i romanzi illustrati non siano neutrali, come apparentemente può sembrare anche un biliardino. Oltre a schierarsi, il libro è un ottimo strumento di divulgazione per non far cadere nell’oblio le storie minori come quella di Finisterre. Il biliardino è sì uno dei giochi che regalano gare avvincenti o semplici momenti di socialità ma che nasce come strumento per allietare i momenti più duri di una guerra civile per le vittime più fragili di questa. Ecco perché la grande storia che si trascina dietro il biliardino non può rimanere relegata a tornei da bar ma deve ricordarci ogni martire antifascista, perché Finisterre lo inventò contro la guerra e contro il fascismo. Motivo per cui non lo si può definire “calciobalilla”, ma biliardino, anche se in Italia ha questo nome probabilmente perché considerato un gioco puerile e dunque “calcio per bambini”.

Il fumetto presenta inoltre una precisa scelta cromatica, tutta la storia è rappresentata nella bicromia rosso – blu. Questi due colori vogliono rappresentare le due squadre che si fronteggiano sul piano da gioco di ogni biliardino, ma questa bicromia può essere letta anche come una prosecuzione ludica del conflitto ideologico che diede origine al gioco. La squadra rossa rappresenta la fazione antifascista, da sempre identificata con (o comunque anche con) questo colore, mentre la squadra blu richiama il colore delle divise dei militari della División Azul che era composta da soldati spagnoli che combatterono a fianco del Terzo Reich, in particolare nella campagna di Russia, alla faccia della non belligeranza spagnola. Un motivo in più per partecipare alla partita, ma dalla parte giusta!

EN.RI-OT

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